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Omelia Padre Mario Bongio a Colorina 28/03/2010

Riflessione di padre Mario Bongio durante la Santa messa celebrata a Valle di Colorina in occasione dell’assemblea sezionale del 28 febbraio 2010.

 

È bello per noi stare qui! E’ bello e buono ritrovarci: discutere, confrontarci anche con sensibilità, qualche volta, diverse! L’occasione di oggi, dell’assemblea sezionale preceduta dalla Santa Messa che stiamo celebrando è tutto questo.

Abbiamo bisogno di parole buone, vere, sincere, che mantengono ciò che promettono. Parole che indicano la strada, che siano per noi luce, riferimento, speranza, incoraggiamento e, se è necessario, correzione e stimolo a fare meglio.

Le stesse parole che fanno parte del nostro vocabolario alpino come: verità, solidarietà, giustizia, impegno qualche volta, ci incoraggiamo, sono logorate dall’uso o dall’abuso che se ne fa.

Chi nel suo agire, oggi, non fa riferimento a una presunta verità, non agisce nel nome di una qualche giustizia o impegno e generosità più grande? Non è l’egoismo, la cattiveria, la presunzione, il farsi vedere che normalmente ci spinge ad agire, a meno che uno non  sia perverso di sua natura.

Dobbiamo tornare all’uso sobrio delle parole; alla loro semplicità e concretezza: nel vocabolario alpino si direbbe “pane al pane e vino al vino” nel vocabolario del Vangelo si dice “il vostro parlare sia si se è si; no se è no”; senza dimenticare l’aggiunta: “il resto viene da Satana”;  che possiamo tradurre: il resto è menzogna, ipocrisia falsità, imbroglio, male …

Ci sono alcune parole che ritornano frequentemente nel nostro vocabolario, soprattutto in occasioni come questa e nelle celebrazioni e appuntamenti durante l’anno. Richiamo qui le più importanti e sulle quali, io stesso, da tempo, ho fermato la mia attenzione e riflessione, perché il loro uso non diventi mai abuso e quindi tradimento. Tradimento, specialmente, non solo ideale ma di coloro che in nome di certe cose hanno e continuano a spendere la vita.

Si tratta di parole come: “reduce, sopravvissuto, resistente … alpino”

Queste parole hanno dimensione concreta per noi: “alpini” lo siamo tutti; “reduce, sopravvissuto” … qui forse bisogna riconoscere che il tempo passa per tutti; “resistente”,  fedele alla parola data …

Sono parole che hanno riferimento concreto nella nostra vita; ma, non meno concretamente, io penso che siano una dimensione della coscienza e, lasciatemelo dire, del cuore. Dimensione che significa: uno che nel suo stile di vita non cede ai compromessi, tanto meno alla menzogna, falsità; nel suo agire ricerca sempre la verità e il bene di tutti. E ancora: uno che nel suo modo di parlare e di operare non tradisce la propria coscienza e ciò che gli detta il cuore; è sempre la sua coscienza che lo fa parlare ed agire in un modo o in un altro e non altri riferimenti tipo:  fanno tutti così, la maggioranza si comporta così, una qualche autorità esterna ha comandato di fare così …  Infine è quello di uno che non ha paura della solitudine, dell’emarginazione, del rifiuto, persino del tradimento, perché sa che quando dice o agisce per la verità e il bene purtroppo è questo il risultato.

Penso sia urgente tornare all’uso buono delle parole e soprattutto alla loro verità e concretezza profonda. Non ci mancano, nella nostra storia alpina, riferimenti concreti di vita, vissuta secondo certi ideali incarnati nel quotidiano.

fra Mario Bongio

 

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